martedì 31 gennaio 2017

A tavola raccontiamoci una storia che ci piaccia tanto!


Oggi vi racconto una bella storia, di quelle semplici e fantasiose adatte ai bambini e già cariche di un senso morale facile da assorbire. E' uno di quei racconti che acuiscono l'immaginazione, aiutando a guardare fantasticamente ad oggetti di uso quotidiano.


Queste letture insegnano ad immaginare come dietro ad ogni piccolo aspetto della nostra realtà, anche il più apparentemente insignificante, si possa celare una storia che noi non conosciamo e un senso di vita che ci potrà essere utile.
Se questa storia tratta di posate, forchette e cucchiai, non posso non raccontarla qui, a voi, che magari un pochino ne siete appassionati! E se non doveste esserlo, dopo questa lettura, non pranzerete e non cenerete senza pensare, divertiti, a "Le posate sposate" scritta da Roberto Piumini.



C’era una volta una forchetta molto lucida, con i denti d’argento. 
Tutti l’ammiravano, e la volevano in sposa. Arrivò il cavatappi, e facendo un giro di danza girondina, disse: – Bella forchetta lucente, guardami un po’: io giro, prillo, tiro, strappo e stappo! Non sono un tipo bello e interessante? Sposami, forchetta, e stapperemo insieme una bottiglia di spumante! 
La forchetta rispose: – Bello mio, tu stappi, stappi: ma non m’acchiappi! 
E il cavatappi, deluso, se ne andò nel cassetto.


 Ed ecco il coltello, lama luccicante ed affilata, che si fece avanti, e mostrandosi di qua e di là, disse: – Forchetta deliziosa, guardami un po’! Io taglio, sego, spello, buco, divido e spartisco! Se mi sposi, sarò come una spada al tuo fianco! 
E la forchetta: – Bello mio, tu tagli, tagli: ma non mi pigli! E il coltello se ne andò al suo posto nel cassetto.



 Arriva il cucchiaio, piano piano, col suo testone tondo, e dice: – Eccomi qua, cara forchetta: non ti senti un po’ sola? Io ho un bel posto nel cassetto, con uno spazio vuoto… Vuoi venire a stare con me? 
La forchetta lo guardò: ed ecco che, guardandolo, non vide solo lui, ma la propria immagine, perché anche il cucchiaio era ben pulito, lucido come uno specchio: però non si vide com’era, ma a testa in giù, perché se ci si guarda nella parte concava di un cucchiaio, succede così. 


La forchetta si mise a ridere, poi girò dall’altra parte e specchiò: e si vide grassa grassa, perché chi si specchia nella parte convessa di un cucchiaio, si vede così.
Allora la forchetta rise forte, e disse: – Non ti sposo per la casa o per le lire, ma perché mi fai divertire! 
Così forchetta e cucchiaio diventarono le posate sposate, e abitarono nel cassetto: lui in una stanza e lei nell’altra per stare più comodi. Però, spesso, stavano vicini: e vicini oggi, vicini domani, dopo qualche mese nella cameretta più piccola del cassetto, si senti strillare. 
Chi era arrivato? Un cucchiaino.



 E dopo qualche tempo, ancora strilli: era arrivata una forchettina. E giocavano insieme, facevano il bagno nella vasca del lavandino, insieme alle amiche posate, nella schiuma profumata. E quando incontravano il coltello o il cavatappi, quelli dicevano: – Cucchiaino, come somigli a tuo padre! E alla forchettina dicevano: – Sei tutta tua madre! E sospiravano tanto, ma tanto, che il detersivo, attorno, faceva grandissime bolle.



La storia tra forchetta e cucchiaio ci trasmette un messaggio in particolare, che è un grande insegnamento per i piccini e una gradita conferma per gli adulti: innamoriamoci di chi sa farci ridere. Divertirsi con chi si ama e facendo quello che si ama è il segreto della felicità.




Riferimenti bibliografici
R. Piumini, C'era una volta, ascolta. Einaudi